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La loro esistenza risale al 1800. Sono stati utilizzati dalle famiglie del borgo rurale, per la pulizia dell'abbigliamento e della biancheria, fino al 1950.

Lavatoi, Paciano

I Lavatoi

“I Lavatoi” di Paciano sono una costruzione la cui esistenza è databile fin dal 1800. Posizionati appena fuori da Porta Perugina, accompagna la strada panoramica, che conduce in tre chilometri a Panicale. Questo tratto panoramico molto suggestivo, fatto di saliscendi tra i boschi, apre il paesaggio verso il Lago Trasimeno ed è parte importante del paesaggio culturale del “percorso del Perugino”.

L’acqua corrente che approvvigionava i lavatoi veniva da una sorgente superficiale, non potabile, situata a poca distanza, ancora visibile detta Fonte di San Bartolomeo.

L’uso di questo antico spazio era disciplinato dalla guardia comunale: con una procedura di prenotazione “le abitanti” del borgo potevano utilizzare lo spazio pubblico per le operazioni di ripulitura e igienizzazione del vestiario, degli apparati da camera, cucina e arredi tessili.

I lavatoi erano utilizzati dalla famiglie del borgo rurale, mentre per le famiglie delle campagne si usavano i fossi e raramente vasche improvvisate.

I lavatoi erano in funzione sia nella stagione estiva che invernale, costituivano l’unica soluzione di pulizia dell’abbigliamento e della biancheria per le popolazioni rurali fino alla prima metà del 1900.

Oggi della struttura rimangono soltanto l’esterno e il racconto del suo utilizzo, realizzato in ceramica, installato all’esterno e ben visibile. Infatti per ricordare la funzione del bene demoetnoantropologico la scuola locale si impegnò a realizzare una descrizione delle funzioni del manufatto edile.

Oggi il bene demoetnoantropologico è inserito nei progetti di ART Bonus.

Dal testo Mani di Carta Pesta (a mio padre) di Oriana Visparelli

Agricoltore da sempre, o meglio, coltivatore diretto, Fortunato rispetto ai contadini di allora perché proprietario di una manciata di ettari di terra. Terra fertile e arida, terra dura  e soffice, terra amara e dolce. Terra –madre di tutto e …tutti.

Mi basta chiudere gli  occhi e rivedo due candidi buoi che sbavano di fatica sotto i colpi di frustino del babbo che li incita a camminare più velocemente. Già, perché la pioggia sferzante ha sorpreso tutta la famiglia intenta alla vendemmia giù, lontano, sul campo accanto al fiume Tresa.

Il fango salta sul carro dalle ruote che stridono girando a fatica, e schizza sulle mie piccole gote già zuppe di fredda pioggia e calde lacrime per la pena che sento nel vedere la sofferenza dei buoi e la preoccupazione del babbo. Lui non vorrebbe mai lasciare in mezzo al campo carro e bigonce mezze piene di turgida, preziosa uva nera!

E rivedo la mamma, giovanissima sposa, figlia di contadini, quelli veri.

Ancora più dura perciò la loro vita. Dieci fratelli, due morti piccoli per la naturale selezione di allora, otto comunque a crescere insieme, a condividere il grande podere con il padrone. Tanta fatica, ma anche tante filastrocche, tradizioni, serenità, allegra miseria a tutti uguale.

Ed io, unica figlia di questa coppia come tante, sempre con calzettoni e ginocchia rosse che saltello dietro alla mamma sul sentiero che porta al fosso delle Caselle. Lei, con la grande cesta di vimini sulla testa, mi porta con sé per il bucato. Mi piace tanto!

Il profumo del sapone fatto in casa piace tanto anche ai granchi che, numerosi, si tuffano nello spumoso ruscello ed io, con il filo di cotone, lego loro una zampetta per vedere se riesco ad insegnargli a camminare diritti.

Non ci sono i giocattoli di plastica, per fortuna, ma ciò che mette a disposizione la natura. E’ bello!

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